FA – gennaio 2002, editoriale

 

PIU’ SCUOLA PER TUTTI

 

Al momento in cui va in stampa la rivista si sono appena spente le luci del Palazzo dei Congressi a Roma e si sono sciolti gli Stati generali della scuola voluti dal ministro Moratti.

La prima impressione è che questi Stati generali non abbiano segnato nessuna svolta, nessuna impennata. Un passaggio sicuramente inutile sul piano del confronto. Ma hanno avuto qualche utilità?

Per il governo gli Stati generali avevano almeno tre obiettivi.

Il primo obiettivo consisteva nel tentativo di dimostrare che Berlusconi e Moratti tenevano fede agli impegni elettorali. Si erano infatti impegnati a smontare il riordino dei cicli voluto da Berlinguer e così hanno fatto, cercando di dare all’avvenimento la più alta risonanza possibile.

Il secondo obiettivo consisteva nell’ammantare di dibattito democratico l’operazione avviata, così da arrivare all’appuntamento parlamentare con una populistica investitura nazionale.

Il terzo obiettivo consisteva nell’aggregare intorno ad un’idea di scuola molto “innovativa” uno schieramento ampio e molto disomogeneo, che tenesse insieme le “cambiali” post elettorali della Chiesa cattolica con l’individualismo ultraliberista, il conservatorismo culturale con la diffusa domanda di cambiamento, la visione reazionaria della società con il solidarismo cattolico.

Per ora possiamo solo esprimere impressioni, che i mesi futuri dovranno verificare. Ma ci sembra che dei tre obiettivi solo il primo sia stato raggiunto (v.pagine interne), per il secondo ed il terzo i risultati mi sembrano contraddittori.

Il secondo è quasi fallito. E’ bastato poco per smascherare l’apparenza (di questa apparente democrazia siamo stati testimoni involontari quando è arrivata alle ore 20.30 del 18 dicembre l’invito per via telefonica da parte del segretario particolare del Sottosegretario Aprea a partecipare la mattina dopo, a 12 ore di distanza, agli Stati genarli). Lo dobbiamo soprattutto a quegli studenti che hanno avuto il coraggio di rompere le righe della parata morattiana denunciando a gran voce “ma perché ci avete fatto venire qui se non possiamo parlare?”. Dando così piena legittimità a chi, Legambiente compresa, in quelle stesse ore stava manifestando in più di 70.000 per le strade dell’Eur fuori dal palazzo dei Congressi.

Per il terzo obiettivo qualcosa Berlusconi ha incassato. Il Presidente del Consiglio in chiusura ha dovuto dichiarare a chiare lettere che intento del suo governo sarebbe stato quello di consentire anche ai poveri di frequentare la scuola privata, creando finalmente una sana competizione tra scuola pubblica e scuola privata. L’intento era di rinsaldare l’alleanza con le alte gerarchie della Chiesa cattolica e con una buona parte dei cattolici, che si occupano e preoccupano di scuola, che proprio il progetto Bertagna aveva messo in più che legittimo allarme. Il risultato è stato, almeno per ora, la dichiarazione di non belligeranza.

Di fronte ad un’operazione così articolata lascia francamente perplessi l’atteggiamento dell’Ulivo, che, per bocca dei suoi più qualificati portavoce (Rutelli e Fassino), ha puntato tutta la sua “opposizione” sul fatto che gli Stati generali fossero solo un evento mediatico, un grande “talk-show”. Ed ha sbagliato per due buone ragioni, perché non era vero e perché non ha capito che quella sarebbe stata un’inedita occasione politica di grande ascolto, in cui rilanciare in termini di idee e di mobilitazione.

Lo argomentiamo in questo numero della rivista: la riforma Moratti – Bertagna (di cui le misure passate in finanziaria sono il primo passo) mira a cambiare i connotati del Paese, a sradicare la solidarietà sociale per impiantare individualismo e arrivismo esasperato.

Per la prima volta si inserisce la possibilità di acquisire competenze fuori da scuola per poi farsele riconoscere dalla scuola. Si enfatizza la personalizzazione dei percorsi formativi mentre alla scuola rimane il compito di certificare il possesso di competenze. Si va verso l’eliminazione del valore legale del titolo di studio, verso un’idea di insegnante come esperto solo di contenuti che tiene i suoi corsi semestrali, indipendentemente dalla classe che ha davanti (a quel punto 18 o 24 ore di insegnamento cambiano poco in fatica ma migliorano lo stipendio). Anzi la classe potrà non esistere più, mentre si afferma l’idea di studente come scatola vuota da riempire e addestrare. C’è insomma un’idea molto vecchia di cultura e di istruzione. C’è l’idea di destrutturare la scuola come luogo collettivo in cui si impara stando insieme agli altri, simili o diversi. Come luogo che progetta e gestisce con responsabilità professionale. Come luogo che, nel mentre istruisce, educa alla cittadinanza e costruisce coesione sociale.

C’è l’idea di una scuola pubblica ridotta a “servizio su domanda individuale”, con l’obiettivo di portare a sistema il modello CEPU e le tante scuole private di Inglese e Informatica.

L’esito, se andasse in porto questo disegno, è una scuola vuota ed una società più ignorante e più selettiva.

In questo disegno non è azzardato paragonare l’operazione Moratti con quanto il primo governo Berlusconi tentò di fare nel ’94 con le pensioni. Un cambiamento profondo dello status sociale del Paese, riuscendo per altro (e questo no va sottovalutato e ci torneremo) ad agguantare la bandiera del cambiamento ed insieme alcune tra le esigenze più retrive degli insegnanti e delle famiglie. Per questo risulta disarmante la posizione assunta dall’Ulivo, perché forse l’intento più vero degli Stati generali era quello di “saggiare il terreno” e prendere le contromisure, prima di esporsi nell’arena parlamentare ad un assedio di piazza, come avvenne nel ’94.

Come Legambiente ci volgiamo impegnare nella costruzione di una mobilitazione che scuola per scuola e tra scuole, famiglie e società civile nei territori discuta, si confronti, smascheri i rischi della riforma Moratti, recuperi ciò che di buono c’era nella riforma Berlinguer e si presenti preparata al prossimo scontro, che non sarà né facile né secondario.

Intanto ci siamo dati da fare. Insieme all’ARCI abbiamo promosso un primo incontro pubblico, ed altri ne seguiranno a Gennaio, con un ampio schieramento di sigle (vedi appello pubblicato nell’interno), con l’obiettivo di allargare il più possibile lo schieramento a difesa del valore educativo, culturale e sociale della scuola come luogo collettivo per tutti.

“Più scuola per tutti” è questo il nostro obiettivo.

 

 

Vittorio Cogliati Dezza

 

PIU’ SCUOLA PER TUTTI

 

 

UNA SCUOLA DIVERSA È POSSIBILE, ANZI NECESSARIA

PER UN PAESE EQUO, SOLIDALE, SOSTENIBILE

 

 

Una scuola diversa è possibile, ma nella direzione opposta a quella indicata dal ministro Moratti.

 

Gli Stati Generali della scuola, promossi dal ministro Moratti per il 19 e 20 dicembre, sono un’operazione di facciata che offende l’intelligenza e il lavoro di centinaia di migliaia di insegnanti, studenti, famiglie, cittadini. La scuola italiana non ha bisogno di show mirati ad ottenere il consenso, così come non ha bisogno di modelli organizzativi presi in prestito dalle aziende.

 

Dietro le diverse misure prese dal ministro Moratti c’è un disegno preoccupante e pericoloso, che ha nella proposta elaborata dalla commissione Bertagna la sua espressione più organica.

 

Si vuole destrutturare la scuola pubblica come luogo collettivo, in cui si impara stando insieme agli altri, un luogo che, mentre istruisce, educa cittadini che si riconoscono in valori comuni.

 

Se la proposta passerà la scuola pubblica sarà invece ridotta ad un “servizio a domanda individuale”, con il compito di certificare i risultati raggiunti dagli studenti, privo di qualunque dimensione professionale collegiale, con gli insegnanti in competizione tra loro. L’intento è quello di favorire e dare stabilità di mercato alle tante scuole private di settore (inglese, computer, musica, sport, …).

Per fare ciò il governo calpesterà le legittime aspettative dei lavoratori, trasformandone lo stato giuridico, gli studenti si troveranno con una scuola sempre più lontana dalle loro domande di cultura ed istruzione, e solo le famiglie ricche avranno la possibilità di scegliere e di esercitare la libertà di apprendimento, agli altri toccherà una scuola di serie B.

 

L’esito di questo disegno è una scuola pubblica vuota ed una società ignorante e più selettiva.

 

Il Paese ha invece bisogno di più scuola per tutti ed in tutte le fasi della vita. Per questo rivendichiamo il valore strategico per il Paese di una scuola pubblica di qualità, il cui destino non riguarda solo gli addetti ai lavori ma tutta la società civile italiana.

 

Contro gli Stati Generali farsa, contro il progetto del ministro Moratti, esprimiamo la nostra solidarietà alla lotta degli studenti e degli insegnanti e proponiamo un incontro di confronto e riflessione franca ed aperta, anche con punti di vista diversi, per denunciare i rischi che oggi corre la scuola ed il futuro del Paese, nella consapevolezza che saperi e cittadinanza danno la qualità della democrazia.

 

martedì 18 dicembre alle ore 16.00 –  sala kirner, via Ippolito Nievo, 35  -  roma

 

 

ARCI, CGIL scuola Roma centro, CIDI Roma, CIDI Viterbo, CIDI Frosinone, CIDI Cassino, CISP, COBAS scuola, Comitato per la Scuola della Repubblica, Coordinamento Genitori Democratici, FIOM, IRSIFAR, Legambiente Lazio, Legambiente scuola e formazione, Lend, Libera, MCE, Movimento 6 luglio 2001, Studenti.net, UDS


 

 

Box su codice deontologico

 

Tra le tante iniziative del ministro Moratti non va sottovalutata la convocazione della Commissione per il codice deontologico, che ha come presidente un rappresentante dell’Avvocatura dello Stato e come presidente onorario il cardinale Tonini.

Quello che più ci preoccupa non è tanto la forte e simbolica presenza della cultura e della gerarchia cattolica, quanto (e questo ci sembra più pericoloso) che la categoria degli insegnanti sarebbe l’unico esempio di categoria professionale che avrà il codice deontologico dettato dallo stato e non assunto come propria libera scelta. Provate a pensare a medici, avvocati e magistrati a cui lo Stato detta il codice deontologico. Altro che rivoluzione. Evidentemente se si fa un così palese strappo è perché la partita in gioco è forte ed è la trasformazione dello stato giuridico degli insegnanti.

Un altro tassello sulla strada della distruzione della scuola come luogo collettivo sostituito da un servizio a domanda individuale a cui risponderanno i singoli docenti come “prestatori d’opera”.

O stiamo cavalcando troppo con l’immaginazione?

Intanto le associazioni professionali AIMC, CUIDI, FNISM, Legambiente Scuola e Formazione, MCE, UCIIM, hanno firmato una lettera di condanna dell’operazione avviata, chiedendo un incontro urgente con il ministro che non c’è ancora stato.
Risposta all’appello di Piero Bernocchi, portavoce Cobas scuola

 

Un’altra scuola è possibile

 

 

È vero la scuola pubblica corre un grave rischio. Non solo per i fondi che il governo, in un modo o nell’altro, pagando un’altra cambiale elettorale, è riuscito a mettere sul piatto delle scuole private confessionali. Non solo per il regalo, previsto in finanziaria, ai diplomifici con la riforma delle commissioni per la maturità. C’è un disegno più sottile e pericoloso che sembra potersi leggere dietro i primi atti del governo e delle Commissioni nominate dal Ministro. C’è in campo un’idea di descolarizzazione, che si legge nell’enfasi posta nella certificazione dei risultati, nella  personalizzazione dei percorsi formativi, nelle misure che vanno verso l’eliminazione del valore legale del titolo di studio. C’è in campo l’idea di ridurre il ruolo della scuola come luogo collettivo in cui si impara stando insieme agli altri, simili o diversi, come luogo che, nel mentre istruisce, educa alla cittadinanza e costruisce coesione sociale. C’è un’idea di studente come scatola vuota da riempire e addestrare. C’è un’idea vecchia di cultura e di istruzione. C’è l’idea di una scuola pubblica ridotta a “servizio individuale su domanda”, circondata non tanto da altre scuole private, ma da una miriade di corsi privati che preparano all’acquisizione delle competenze.

 

È vero la scuola pubblica corre un grave rischio. Per questo apprezziamo l’atto di Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas, sulle pagine del manifesto del 14 novembre, di proporre una discussione per arrivare ad una piattaforma comune, per essere “motore di avvio di un travolgente movimento”. Siamo d’accordo che sarebbe un ottimo risultato. Ma non ci dobbiamo nascondere che le differenze di analisi sono molte. Non vediamo nessuna continuità tra la scuola proposta dall’Ulivo e l’ingegneria che si indovina dietro le prime mosse della Moratti. Siamo convinti che l’autonomia scolastica è una grande carta da giocare, che valorizza la professionalità ed è un forte antidoto all’aziendalizzazione della scuola, perché ha detto in modo inequivocabile che la scuola ha bisogno di modelli di organizzazione del tutto originali, che hanno anche bisogno di profili articolati. La stessa riforma dei cicli, infine, proponeva una sostanziale riqualificazione del sistema della formazione professionale attraverso un’organica integrazione con la scuola. Dov’è la continuità?

Siamo disponibili ad avviare un percorso di costruzione che punti non solo ad una manifestazione nazionale ma ad un’opera di mobilitazione che ridia fiducia alla scuola, che ricollochi la scuola pubblica al centro del sistema (anche attraverso la valorizzazione salariale), che faccia saltare qualunque logica di regionalizzazione. Pensiamo che in questo percorso si debba coinvolgere anche il mondo dell’associazionismo professionale. Non solo. Occorre allargare i confini, oltre ai sindacati e alle associazioni di categoria, oltre agli addetti ai lavori, occorre coinvolgere le famiglie, i giovani, i cittadini, perché davvero, se dovesse andare in porto il disegno che si indovina, ci troveremo, tutti, con una scuola vuota ed una società più ignorante e drammaticamente selettiva.

 

Vittorio Cogliati Dezza                                                              Tom Benetollo

Responsabile nazionale                                                                        Presidente ARCI

 Legambiente Scuola e Formazione.